Tessile Ipoallergenico - Biologico
Informazioni generali
Il mercato dei prodotti tessili biologici è nato agli inizi degli anni ’90 quando l’industria della moda iniziò a lanciare nuovi prodotti tessili sia in USA che in Europa commercializzandoli come verdi, naturali e ecologici. Naturalmente erano tutte aziende importanti con marchi distribuiti a livello mondiale e che potevano sopportare ingenti investimenti. Tutto però era finalizzato all’utilizzo della materia prima, per ora il cotone biologico e, in misura minore la lana biologica, coltivati senza l’utilizzo di pesticidi chimici sintetici, fertilizzanti, stimolanti alla crescita e defolianti che sono causa di inquinamento del suolo e di malattie a vari livelli, dalla coltivazione all’utilizzo.
Negli ultimi anni, poi, la coltivazione del cotone ha riscontrato l’interesse dell’ingegneria genetica; il cotone è stato modificato geneticamente per la prima volta nel 1996 e ad oggi è diffuso in tutto il mondo; la produzione del cotone biologico risulta comunque 1% ca della produzione mondiale di cotone convenzionale. Inoltre le aziende che utilizzano il cotone biologico si comportano in base ad un codice deontologico, riconosciuto ormai a livello globale che prevede, per i lavoratori, la massima tutela a livello umano, sociale, salutistico e ambientale. I produttori di tessile biologico hanno rivolto la loro attenzione anche alla filiera tessile in modo che tutte le lavorazioni che portano alla costruzione del capo finito avessero le caratteristiche di naturale e non tossico.
A questo proposito iniziarono ad operare a livello mondiale un gran numero di enti per la certificazione di tessile biologico competenti a verificare, in base a disciplinari di produzione depositati, materie prime e ispezionare impianti e luoghi al fine di concedere l’utilizzo di un particolare marchio che contraddistingue una produzione tessile biologica e conseguentemente tuteli il consumatore; tutti questi enti devono avere il proprio disciplinare di produzione accreditato presso IFOAM (international federation of organic agricolture movements), organizzazione sopranazionale che raggruppa oltre 750 membri in 108 paese con sede centrale in Germania.
Il consumatore, quindi, ha la certezza di acquistare tessile biologico solamente se al prodotto è applicato il marchio di un ente certificatore riconosciuto.
Attualmente tutti questi enti certificatori sparsi per il mondo stanno attuando uno sforzo comune al fine di una omogeinizzazione tesa alla definizione di un unico disciplinare di produzione ( il “Global Standard”).
La coltivazione biologica del cotone ha avuto inizio verso la fine degli anni ‘80 e nel 1990 le aziende che coltivavano cotone erano poco più di 100 per un totale di circa 380 ettari e per una produzione complessiva di 113 t. Da quei primi anni, la produzione ha continuato a progressivamente crescere con un notevole incremento nel periodo 2000-2005 nel quale la produzione è passata dalle 6.480 tonnellate della stagione 2000-2001 a oltre 30.000 t della campagna 2005-2006. La crescita sembra peraltro essere entrata in una fase tumultuosa tanto che le previsione per la stagione 2006-2007 sono di circa 50.000 tonnellate con un incremento rispetto alla campagna precedente del 61,81%.
La domanda dell’Industria Tessile
Nel 2004 le imprese tessili che proponevano sul mercato filati e tessuti in cotone da agricoltura biologica erano poco più di 70. Alla fine del 2005, secondo i dati di Organic Exchange, il numero era passato ad oltre 200. La domanda di fibra di cotone esercitata dalle imprese tessili è passata dalle 23.000 tonnellate del 2005 alle 100.000 tonnellate che Organic Exchange prevede di raggiungere nel 2008.
In Italia l’interesse per il Tessile Biologico è stato sostenuto e portato avanti in questi anni dall’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB), che nel 1999 ha organizzato la prima Conferenza internazionale sul tema e nel 2000 ha adottato il primo ed unico standard italiano per la produzione dei Prodotti Tessili Biologici. La certificazione dei prodotti tessili biologici in accordo allo standard è rilasciata dall’Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale (ICEA) che concede anche la licenza d’uso del marchio Tessile Biologico GOTS.
Per quanto riguarda la dimensione del settore tessile BIO in Italia, cresce il numero delle imprese certificate che producono una ampia gamma di prodotti tessili come filati, tessuti a maglia e denim destinati all’abbigliamento e al settore biancheria. A questi si aggiungono anche imprese che producono prodotti destinati al settore sanitario o della cura della persona (idrofilo, tessuto non tessuto, nettoyage). La tipologia e la dimensione delle imprese che richiedono e raggiungono la certificazione, oltre allo stesso dato della crescita, testimoniano la fase positiva che sta vivendo il settore ed offrono una interessante prospettiva per il prossimo futuro.
La regione del Lago di Aral, in Uzbekistan, rappresenta sicuramente l’esempio più drammatico e noto degli effetti della produzione intensiva di cotone di tipo convenzionale: a causa delle grandi quantità d’acqua impiegate per l’irrigazione dei campi di cotone, quello che era una volta il quarto lago interno più grande della terra si è ridotto ad un terzo delle sue dimensioni originali. Inoltre la concentrazione di sale è aumentata da 10 a 34 g/l, e di conseguenza la flora e la fauna sono andate distrutte. 1,3 milioni di ettari di terra coltivata, ovvero quasi il 42% della superficie coltivabile dell’Uzbekistan, presenta zone salifere. In seguito alla perdita dell’effetto mitigatore del Lago di Aral, il clima è cambiato ed è diventato più continentale (Becker P., 1992). L’approvvigionamento d’acqua per le popolazioni proviene da acque di superficie altamente inquinate dai pesticidi. Questa catastrofe ecologica non è priva di conseguenze per gli esseri umani: fin dalla metà degli anni ‘70, sono aumentate le malattie ereditarie, così come le malattie infettive dello stomaco, dell’intestino e delle vie respiratorie. La mortalità infantile è alta e le deformità sono divenute più frequenti (Reller, A. e Gerstenberg, J., 1997).
La David-Tex, sempre attenta all'ambiente e alla salute umana, dopo avere ottenuto nel 2005 la certificazione AIAB per il tessile biologico (ora certificato ICEA/GOTS), ha costituito, con altre aziende di filiera, un consorzio di ricerca e sviluppo denominato VIS Vestire in Salute allo scopo di attivare progetti innovativi di ricerca in campo tessile. Con queste azinede, e in collaborazione con l'Università di Modena e Reggio Emilia, ha portato a termine nel 2007 un porgetto di ricerca e sviluppo sui tessuti IPOALLERGENICI ottenendone la “dichiarazione di iopoallergenicità”. La David-Tex proseguirà l'attività di produzione e commercializzazione di tali tessuti tramite questo consorzio.
Tessuti sostenibili e ipoallergenici
- Dermatiti da contatto da tessuti
- Dichiarazione di ipoallergenicità
Il progetto - Realizzazione di Tessuto Ipoallergico
Dare una risposta al fabbisogno di tessuto ipoallergico
Da dati pubblici, risulta che circa il 20% della popolazione europea è affetto da sensibilizzazione da contatto e i dati sono sovrapponibili anche per il Nord America.
Nella sola Italia il problema delle allergie da contatto da prodotti tessili riguarda direttamente circa 700.000 persone.
Nell ’ambito dei vari allergeni da contatto, verifichiamo, da fonti cliniche ospedaliere, che circa il 6,7 % dei casi presenta allergie da contatto da coloranti e/o additivi dei tessuti. Il problema delle dermatiti allergiche da contatto è in continua crescita e riveste una considerevole e crescente importanza sia da un punto di vista sanitario che socio-psicologico. In particolare al servizio di allergologia di Modena si rivolgono ogni anno circa 1400 persone con sospetta dermatite allergica da contatto. Di questi circa il 60% è costituito da donne. Per quanto riguarda la distribuzione per età, circa il 13% sono bambini, il 33% pazienti di età superiore ai 50 anni e il 10% pazienti di età compresa tra 15 e 25 anni.
Obiettivo
Lo scopo del progetto, che coinvolge più aziende del distretto carpigiano, è quello di offrire indumenti che non generino fenomeni di dermatiti allergiche riconducibili alla presenza di residui chimici in grado di essere rilasciati al capo indossato a contatto con la cute. L ’origine di tali residui può essere la più diversa: fertilizzanti o pesticidi di cui si fa enorme uso per coltivare il cotone, ma anche prodotti ausiliari, reagenti e soprattutto coloranti impiegati nelle diverse fasi di nobilitazione tessile.
Risulta oggi difficile per i medici dermatologi poter indirizzare i loro pazienti verso una produzione tessile di elevata tolleranza; produzione che deve anche essere in grado di soddisfare le esigenze di una clientela comunque attenta alla moda. Il progetto analizzerà queste problematiche sui filati naturali e di origine biologica: lana e cotone.
Principali problemi da affrontare:
Per dare una risposta a questa esigenza, attualmente insoddisfatta, è necessario sviluppare una filiera qualificata in grado di certificare il prodotto in tutte le fasi di lavorazione mettendo a punto test e sistemi di controllo specifici. Tutti i materiali dovranno essere controllati, sia documentalmente e sia con rilevazioni strumentali e test su persone e pazienti.
Il grande vantaggio del gruppo di aziende partecipanti al progetto è proprio quella di controllare il ciclo di lavorazione del prodotto lungo tutta la filiera in modo da poterne certificare la tracciabilità: filato-tessuto-tintura e finissaggio.
Questa filiera certificata permetterà successivamente una identificazione propria con appositi marchi e brevetti.
Test di ipoallergenicità sulla popolazione
La ricerca farà riferimento al dipartimento di dermatologia dell’Università di Modena. Il coordinamento tecnico scientifico dei test sarà affidato al gruppo coordinato dalla Prof.ssa Stefania Seidenari che si occuperà della sperimentazione testando le sostanze pure utilizzate per la preparazione dei filati e tessuti e successivamente dei capi finiti con il testo di indosso.